Dopo le nostre attività di sopralluogo al fiume Galeso, pubblichiamo un prezioso scritto di uno dei più eminenti studiosi della costa pugliese, Pietro Parenzan:

L’unico corso d’acqua che sfocia nel primo seno del Mar Piccolo è il Galeso (…), celebrato da Ovidio, da Marziale, da Virgilio, da Orazio, da Properzio e Stazio. Le sue acque erano famose per la lavatura delle lane memorate da Marziale le quali al dir di Strabone e Plinio lasciavansi nel natìo colore per non diminuirsene il pregio colle tinte, e furono rinomate non solo per la morbidezza, come assicura Varrone, ma per il lustro come dice Strabone.
Columella, il quale si portò espressamente a Taranto per comporre la sua dottissima opera sull’agricoltura, (…) ci fa sapere che prima della tosatura lavavansi le pecore colla radice dell’erba lanaria (Gypsophila struthium ) (…) una pianta medicinale propria delle stazioni aride in prossimità della costa mediterranea, ed è frequente nei campi che fiancheggiano il Galeso. (…) Il Galeso, o Galese (come lo cita il Cerruti) è indubbiamente il più importante immissario di superficie che sbocca nel Mar Piccolo, sulla costa più settentrionale del primo seno.
Raggiunge il mare con un percorso di 900m., e la sua sorgente sgorga da un ampia polla che viene a trovarsi in una lieve depressione del suolo tanto che se per un bradisismo negativo il suolo si abbassasse di un solo metro, anche la sorgente del Galeso diventerebbe un “citro” sommerso (…). Il nome Galeso, secondo il Mazzocchi, deriverebbe dai linguaggi d’Oriente e significherebbe “trasmigrazione”; ma C. Atenisio Carducci non è dello stesso avviso, e ritiene più verosimile la provenienza dalla radice ebraica Galas, che significa “tosare”…Questa etimologia, oltre al non essere niente sforzata, è molto acconcia, se si abbia riguardo alle lane, di cui sempre abbondò l’antico Taranto, onde cantò. Potrebbe dunque dirsi, che dal mestiere di tosar gli armenti, che forse pratica vasi nelle pertinenze del Galeso (…) di cui pascoli ben s’impinguavano le pecore, e nelle cui acque, pria di tosarsi, si lavavano, per render più morbide le lane, siasi posto quel fiume un tal nome da’ Fenici, che qua approdarono, i quali avranno insegnato a’ primi abitanti la preparazione della lor celebre porpora, nella quale in seguito i Tarantini cotanto s’istruirono, che divennero famosi artefici.Fin ai tempi suoi lo stesso Marziale ci fa comprendere, che nel Galeso vi fusse il Purgo, in cui si tergevano le lane. (…)
Indubbiamente, nel passato, quello delle lane da lavare e imbiancare era un problema di vasta risonanza, che investe tutta la storia del Galeso e dei nomi ad esso attribuiti.(…). (…) Se mi son dilungato forse troppo sulla questione delle “pecore bianche gentili” , è perché il Galeso, per l’importanza che presenta come tributario del Mar Piccolo, per la sua fama che i tarantini gli attribuiscono non sempre conoscendone le ragioni, credo opportuno, in una monografia come la presente, che, pur avendo come scopo principale la biologia del mare, mira anche ad una profonda conoscenza generale dell’interessante bacino, di trattenermi senza lesinare righi, su quella che in fin dei conti è anche una fon te di ricerche biologiche tutt’ ora ricca di promesse. Come non dire che…”tutti gli antichi ammettevano un Genio, che presiedeva a’ fiumi: quel del Galeso chiamavanlo Corduva. Di qua’ s’apre il campo l’Autore ad un grazioso Episodio. Fa prendere al fiume la sembianza d’uomo, e finge che tal avesse ammaestrato un antico pescatore per nome Antigene nella scienza, e generazione delle cozze nere, e nell’arte di vari ordigni pescherecci (…).
(…) Abbiam visto quindi che il Galeso, se ha mantenuto degli antichi tempi la sua lunghezza, molto è alterato nei suoi aspetti alle sponde…perché oggi questi sono molto diversi (…). (…) Ho voluto, appunto, veder chiaro nella faccenda, e procedere all’esplorazione del Galeso (…). (…) La larghezza del corso d’acqua non è di un “paio di metri”, bensì, lungo gran parte del percorso, di oltre 10-12 metri, fino 14.
La mia ricognizione è stata fatta il 17 Ottobre, sbarcando alla foce dell’ormai famoso Galeso. Vista dal mare, la foce appare incorniciata da bosco. A destra si stende un bosco di Eucalipti, e lungo la strada costiera c’è una rada siepe di Tamarici. A sinistra, il bosco di alti eucalipti è preceduta dalla fascia di verde più chiaro di una pineta. La foce è larga circa una dozzina di metri, sormontata da un rozzo ponticello in legno sostenuto da alcuni tralicci in ferro. Guardando dal ponte, si vede che il letto del corso d’acqua è invaso da chiazze di Cymodocea prolifera e di Caulerpa prolifera miste a Cloroficee e poca Ulva lactuca (…). Risalendo il Galeso pare allargarsi un po’ (…) e le rive si fanno più ricche di vegetazione (…). (…) Numerosi appaiono in acqua i pesciolini: sono novellame di Cefali qualche Gobbius sp., ma soprattutto Gambusie.Abbondano i Gamberelli e i granchi (…). Sul terreno vicino cresce rigogliosa la Mentha (…). (…) A circa 700 metri dal mare il corso d’acqua è sormontato dal ponte ferroviario della linea Taranto – Nasisi. Sotto il ponte, delle banchine in muratura restringono il canale (…). A monte di questa strettoia. Il fiume è ormai ben imbrigliato dalle banchine (…) e in questo tratto, limitato a monte da una saracinesca manovrabile, la vegetazione acquatica è molto ricca (…).
Oltre la saracinesca il canale si sperde in un fragmiteto (…). La polla sorgiva, sempre ornata da fragmiti, di crescione e di cloroficee, ha un ‘ampiezza di circa 20-25 m., e da dove è possibile avvicinarsi maggiormente, si scorge, attraverso l’acqua limpida profonda dai 4 ai 5 metri, un fondo sabbioso cinereo. Il percorso totale, dal mare alla sorgente, è di 900 metri, con larghezza media di una decina di metri e profondità oscillante dai 0.30 ai 2,80 metri (…).
Del Galeso oggi (1981) si parla molto, e sorgono anche comitati per una sua valorizzazione, che, più che economica e turistica, dovrebbe essere valorizzazione storica e culturale, perché, come abbiamo visto nelle pagine precedenti, costituisce un bene culturale ambientale di alto interesse, un bene da salvaguardare ad ogni costo, nel modo più assoluto. La zona del Galeso dovrebbe venir pulita, sgombrata da macerie e immondizie, favorendo lo sviluppo della flora spontanea, eliminando il cemento che invade tutto il percorso a monte, verso la sorgente, compreso il posto di lavaggio delle macchine, ridando a tutto il percorso l’aspetto primitivo, ritoccando la periferia del “citro” per poter consentire la vista del pittoresco laghetto sorgivo con la fascia marginale a denso fragmiteto (…).
Come “attrezzature”, poi, la “riserva” potrebbe avere solo panchine possibilmente mascherate (verdi9, senza alterare il paesaggio, qualche posto di ristoro marginale, ma non dovrebbe essere un parco divertimenti. Tutto ciò senza toccare l’ambiente acqueo con la sua flora e fauna naturale tutt’oggi esistente, che comprende fra altro – unica stazione tarantina – il granchio fluviale Potamon(…).
Si potrà riabilitare la foce del fiume, ma purtroppo non si eliminerà mai l’imponente struttura della sovrastante strada statale, che dà al corso Centrale del Galeso un aspetto di “scantinato” incredibile. Restano le nostre speranze per il futuro.

Tratto da “Il Mar Piccolo di Taranto” Prof. Pietro Parenzan
Taranto 30 Novembre 1984

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