La città di Taranto attraversa uno dei momenti più duri della sua storia millenaria, al culmine di 150 anni di scelte forti, spesso imposte, che hanno portato una storica città marinara a diventare uno dei poli siderurgici, industriali e militari più importanti d’Italia. Il fervente dibattito civico tra le tante forze attive sul territorio, oltre a denunciare l’inquinamento ambientale, sanitario e socio-politico che schiaccia la città, sta portando alla luce l’esigenza di una progettualità urbana innovativa e partecipata.

Tra le tante proposte, la riqualificazione del Mar Piccolo può costituire un importante tassello per il rilancio della città di Taranto. Mar Piccolo, oggi presente sulle cronache esclusivamente a causa della crisi della mitilicoltura generata dagli impatti industriali, è stato per secoli parte integrante della città, in continuità con la terraferma. Storicamente, in esso fu fondato il primo porto di Taranto, da esso la popolazione traeva sostentamento grazie a pesca e maricoltura, sulla sua costa e sulle rive dei suoi fiumi – in particolare del Galeso – trovava ristoro durante le estati calde.
Ai giorni nostri, invece, è relegato a parte marginale e superflua: i fondali del Primo Seno sono pesantemente inquinati dalle sostanze di origine industriale, gli edifici dei vecchi cantieri navali sono ridotti a rudere, la circummarpiccolo è ancora chiusa, molte delle zone storico-archeologiche che lo costeggiano sono in abbandono, il Galeso e la sua foce sono utilizzati come molo abusivo e l’adiacente Parco Letterario, un importante polmone verde a due passi dal Tamburi, è stato trasformato in una vera e propria discarica tra gli eucalipti. Inoltre, resta da scogliere il nodo delle cessioni al Comune del demanio di proprietà della Marina Militare che, ad oggi, resta un’inutilizzata distesa di cemento che priva parte della città del suo naturale accesso al mare. Valide eccezioni sono costituite dalla Palude La Vela, dal Parco Cimino e dalle poche strutture rivalutate da privati.

Rimettendo Mar Piccolo al centro della visione urbana cittadina si potrebbe, invece, far partire un virtuoso processo di riqualificazione partecipata. Le potenzialità del Mar Piccolo, infatti, sono enormi: con adeguati interventi di bonifica e incentivi al settore mitilicolo può tornare ad essere un bacino di eccellenza per la maricoltura. Le strutture militari potrebbero essere riqualificate in chiave turistica e le banchine in disuso trasformate in porticciolo per vela e diportismo sostenibile. Può essere centrale nello sviluppo di una rete di trasporto marittimo-ferroviaria. Può, più semplicemente, tornare ad essere quel paesaggio unico che ispirò le Georgiche di Virgilio e che Orazio decantò come quell’angolo di mondo che più d’ogni altro m’allieta.

Tutto questo potrà coesistere solo se correttamente pianificato e gestito. E’ necessario studiare attentamente su cosa investire e il tipo di interventi necessari, favorendo scelte condivise e partecipate ed evitando soluzioni di imperio che favoriscano solo alcune categorie. Per farlo, occorre promuovere consultazioni pubbliche, conferenze e tavoli tecnici che coinvolgano la comunità scientifica e tutte le energie positive che il territorio è in grado di esprimere. Energie che diventano quanto mai necessarie oggi, in pieno dibattito sul Piano Urbanistico Generale (Pug), Piano Comunale delle coste e ridefinizione delle aree dedicate alla mitilicoltura. Al contempo, si dovranno stabilire le forme di protezione (Parchi Terrestri, Aree Marine Protette, ecc) che permettano di conservare e gestire oculatamente ciò che è stato riqualificato. A questo riguardo, si può trarre insegnamento dalla Storia: Mar Piccolo è stato protetto, tra il XIV secolo e l’unità d’Italia, dal codice del libro rosso, che nulla aveva da invidiare alle odierne direttive europee sulla protezione del mare.

Soprattutto, però, occorre che una nuova consapevolezza sia acquisita dalla città e, di riflesso, da chi la gestisce: che Taranto già una volta ha voltato le spalle al mare, che questa scelta ha portato più devastazione delle invasioni saracene e barbariche, che viviamo al centro di un paesaggio unico che merita di rimanere impresso nella memoria collettiva tarantina e di chi lo attraversa molto più delle ciminiere.

E’ per questo motivo che, come Centro Studi Documentazione e Ricerca Le Sciaje, abbiamo avviato e continueremo a portare avanti la campagna di ricerca e informazione SAVE MAR PICCOLO (su www.lesciaje.it). Perché Mar Piccolo è Taranto.

 

Note sull’associazione: il Centro Studi Documentazione e Ricerca Le Sciaje ha iniziato le sue attività grazie al progetto risultato vincitore del bando regionale Principi Attivi 2010 e continua a svolgere attività di approfondimento culturale in rete con le realtà attive sul territorio.

In particolare, ha incentrato la sua proposta di promozione culturale su due punti cardine: la riscoperta dell’eredità marinara di Taranto e la riqualificazione dei luoghi più importanti della sua marineria civile, tra cui spiccano la Città Vecchia e il Mar Piccolo.

Inoltre, si occupa da due anni della gestione di eventi e visite guidate all’interno dell’Esposizione permanente Il Tempo del Mare, allestita in partenariato con il Centro Ittico Tarantino e il Comune di Taranto all’interno della Torre dell’Orologio in Piazza Fontana.

 

Per informazioni e contatti:

Associazione Centro Studi Documentazione e Ricerca Le Sciaje

Tel 3889538912 – lesciaje@gmail.com – www.lesciaje.it

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