perdono

Della Città vecchia di Taranto probabilmente nel giro di qualche decennio non resterà più nulla. Sarà sommersa dalle acque di due mari surriscaldati, o più semplicemente crollerà su se stessa (dopo secoli di dominio finalmente il domino) come di edificio in edificio continua a fare da molti decenni. Questo a ragionar da apocalittici, ma proviamo per un momento a guardare le cose da integrati. Ecco: i fondi europei, i privati, l’università, il turismo, le cozze biologiche e gli aperitivi. Comunque la si vuole vedere per gli abitanti storici non c’è scampo. Poi ci sarebbe quella che chiamano terza via, probabilmente una via crucis perché più faticosa, se vogliamo dolorosa, ma vuoi vedere cha alla fine ci potrebbe pure scappare il miracolo?

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Il prossimo sabato, 30 maggio, a partire dalle ore 21:00, al Circolo ricreativo “da Zi’ Antonio”, Via di Mezzo-Vico Giglio, nei pressi della chiesa dei SS Medici invitiamo a partecipare alla presentazione di TARANTO. Un anno in Città vecchia di Cyop&KafNapoli Monitor edizioni. Un lavoro che raccoglie le fotografie dei 120 dipinti sparsi su muri e porte che chiudono vicoli e palazzi abbandonati della Città Vecchia di Taranto. Centoventi dipinti (alcuni sono già perduti, fusi, scorticati) da considerare come tanti indizi di un tesoro – quello che lentamente va sgretolandosi – da trovare cercando. Si tratta di quell’isola che da millenni, tra due mari, accoglie e stratifica storie, umori e passioni di chi la vive o anche semplicemente l’attraversa. Storie e passioni raccolte nelle 17 interviste a persone che nella Città Vecchia hanno vissuto,  vivono ma anche che lavorano per creare le condizioni andarci a vivere, perché considerato il luogo più importante della città.

Durante la serata, sarà proiettato il documentario Timoni Al Vento – Appunti visivi dalla Città Vecchia” di Cyop&Kaf con, a seguire, concerto di Dolores Melodia, con musiche della tradizione popolare di Napoli e di Taranto. 

Un ritorno a Taranto che segue un viaggio, partito a dicembre proprio da Via di Mezzo, che ha portato il libro a Venezia, Bergamo, Milano, Palermo e Napoli passando per San Francisco e continuerà a farlo con le presentazioni del lavoro anche a Bari (29 maggio) e Lecce (31 maggio). Incontri che saranno occasione di socialità e di festa popolare ma anche di confronto su pareri, idee e progetti sullo stato dei Centri Storici nelle nostre Città.

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La Città vecchia di Taranto abbandonata? Forse, ma una città con i “timoni al vento” se da un lato è alla deriva – e non per questo è destinata ad andare a picco – dall’altro lascia tutto lo spazio, concreto e potenziale, di ripensare la convivenza, i rapporti, la stretta relazione che intercorre tra nuove e antiche pietre e chi le vive. Sta a noi tutti cominciare a pensare cosa e come farlo – perché no? – anche a partire da pochi ma primari colori.

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(dall’introduzione del libro “Taranto. Un anno in città vecchia”):

Mentre scrivo, ma anche mentre mangio, appeso alla parete giusto di fronte la mia tavola, osservo distrattamente una delle poche cose concrete – insieme a dei libri strenna natalizia che la fabbrica donava agli operai – che mi è rimasta di mio nonno. Incorniciato sobriamente, altro non è che un pezzo di carta, impreziosito da una minuscola medaglietta bronzea. In bella grafica, colma degli stemmi dei dieci comuni italiani che nel secolo scorso hanno dato il loro tributo alla civiltà dell’acciaio, c’è scritto:

F.R. ha lavorato per 30 anni presso la società
ITALSIDER del gruppo IRI-Finsider
In segno di gratitudine per la fedeltà al lavoro e all’azienda
gli viene conferito questo
DIPLOMA DI BENEMERENZA
L’amministratore delegato, firma. Il presidente, firma. Gennaio 1981

Era la fabbrica di Bagnoli ovviamente, ma questo seppur minimo legame spiega almeno in parte perché diavolo sono finito a Taranto. Una coincidenza, direte voi. Con questa parola s’intende un fatto accidentale e casuale, ma anche, in ambito ferroviario, una corrispondenza favorevole fra due o più treni. Ecco, uno degli altri motivi che mi hanno spinto per un anno a fare incursioni in Città vecchia è il fatto che per tornare a Napoli da Grottaglie – dove fino a qualche anno fa c’era l’unico festival di arte pubblica che avesse un senso, sia per le modalità con le quali si svolgeva, sia per i risultati e il cambiamento che operava sull’immaginario del paese – ero costretto a cambiare treno a Taranto. Prima di ripartire ci passava un’oretta che puntualmente impiegavo perdendomi. Era sempre di mattina presto e un’inerzia scirocca attraversava il ponte. Oltre a me in giro pochi cani randagi, qualche raro spazzino, dei pescatori. Camminando camminando mi sono fatto sedurre dalle pietre, le crepe, la ruggine. Guardavo tutte quelle puntellature e immaginavo un terremoto che non c’è mai stato.

 

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