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In collaborazione con Le Sciaje Taranto e Napoli Monitor, giovedì 18 Dicembre 2014 dalle 19 a mezzanotte vi invitiamo a TARANTO. Un anno in Città vecchia al Circolo ricreativo “da Zi’ Antonio”, Via di Mezzo, nei pressi della chiesa dei SS Medici ci sarà la presentazione del libro con i dipinti di Cyop&Kaf, proiezioni, concerti, cibo e camminate tra i vicoli.

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Questa mappa segnala, anzi, vi segnalerà – dopo il 18 Dicembre – la presenza di centoventi dipinti (alcuni sono già perduti, fusi, scorticati). Considerateli come tanti indizî. Il tesoro – quello che lentamente va sgretolandosi – lo troverete cercando. Si tratta di quell’isola che da millenni, tra due mari, accoglie e stratifica storie, umori e passioni di chi la vive o anche semplicemente l’attraversa.

La Città vecchia di Taranto abbandonata? Forse, ma una città con i “timoni al vento” se da un lato è alla deriva – e non per questo è destinata ad andare a picco – dall’altro lascia tutto lo spazio, concreto e potenziale, di ripensare la convivenza, i rapporti, la stretta relazione che intercorre tra nuove e antiche pietre e chi le vive. Sta a noi tutti cominciare a pensare cosa e come farlo – perché no? – anche a partire da pochi ma primari colori.

(dall’introduzione del libro “Taranto. Un anno in città vecchia”):

Mentre scrivo, ma anche mentre mangio, appeso alla parete giusto di fronte la mia tavola, osservo distrattamente una delle poche cose concrete – insieme a dei libri strenna natalizia che la fabbrica donava agli operai – che mi è rimasta di mio nonno. Incorniciato sobriamente, altro non è che un pezzo di carta, impreziosito da una minuscola medaglietta bronzea. In bella grafica, colma degli stemmi dei dieci comuni italiani che nel secolo scorso hanno dato il loro tributo alla civiltà dell’acciaio, c’è scritto:

F.R. ha lavorato per 30 anni presso la società
ITALSIDER del gruppo IRI-Finsider
In segno di gratitudine per la fedeltà al lavoro e all’azienda
gli viene conferito questo
DIPLOMA DI BENEMERENZA
L’amministratore delegato, firma. Il presidente, firma. Gennaio 1981

Era la fabbrica di Bagnoli ovviamente, ma questo seppur minimo legame spiega almeno in parte perché diavolo sono finito a Taranto. Una coincidenza, direte voi. Con questa parola s’intende un fatto accidentale e casuale, ma anche, in ambito ferroviario, una corrispondenza favorevole fra due o più treni. Ecco, uno degli altri motivi che mi hanno spinto per un anno a fare incursioni in Città vecchia è il fatto che per tornare a Napoli da Grottaglie – dove fino a qualche anno fa c’era l’unico festival di arte pubblica che avesse un senso, sia per le modalità con le quali si svolgeva, sia per i risultati e il cambiamento che operava sull’immaginario del paese – ero costretto a cambiare treno a Taranto. Prima di ripartire ci passava un’oretta che puntualmente impiegavo perdendomi. Era sempre di mattina presto e un’inerzia scirocca attraversava il ponte. Oltre a me in giro pochi cani randagi, qualche raro spazzino, dei pescatori. Camminando camminando mi sono fatto sedurre dalle pietre, le crepe, la ruggine. Guardavo tutte quelle puntellature e immaginavo un terremoto che non c’è mai stato.

 

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